Per chiudere il ciclo di approfondimenti sulla moda etica e sostenibile che abbiamo realizzato in queste ultime settimane, abbiamo scelto di presentarvi Progetto Quid, una realtà che integra nel proprio modello di business i valori della sostenibilità ambientale, sociale ed economica.
Abbiamo infatti contattato gli amici di Quid, per farci raccontare qualcosa in più su di loro e sulla rivoluzione che stanno portando nel settore moda.
Quid infatti è un’impresa sociale nata nel 2013 con la volontà di creare abbigliamento sostenibile utilizzando tessuti di rimanenza di altre aziende del mondo moda italiano. Il progetto ha una valenza sociale poiché da lavoro a persone con un passato di fragilità.
Negli ultimi anni il progetto si è distinto anche fuori dall’Italia, tanto da aver ricevuto riconoscimenti a livello internazionale: nel 2014 ha ricevuto il premio europeo per l’innovazione sociale grazie alle trasformazioni che è riuscito a portare all’interno di un progetto che valorizza le persone, puntando sul prodotto e sull’interazione con il settore for profit.
Inoltre l’impresa sociale di Verona si è aggiudicata anche i Green Carpet Fashion Awards 2020 con il premio Responsible Disruption Award.
Cosa vi ha spinti a creare Progetto Quid?
L’idea è nata dalla volontà di creare qualcosa di sostenibile e utile, con un valore umano e sociale sul territorio, dando un lavoro a chi di solito rimane ai margini della società: per lo più donne con alle spalle storie di dipendenze, violenza, tratta o carcere. Il mercato del lavoro italiano è fra i meno inclusivi in Europa e la categoria trasversalmente più penalizzata è quella femminile.
Per chi, oltre ad essere donna, ha un passato o un presente di vulnerabilità, il tasso d’impiego non supera il 25% dal 2014. Per questo cerchiamo di offrire loro opportunità di inserimento e crescita lavorativa nelle varie aree. Nel 2019 abbiamo assunto 42 nuovi risorse, con un tasso di ritenzione del 70%.
Cos’è per voi la moda etica e sostenibile?
Una moda che mette al centro l’individuo e propone capi a un giusto prezzo per il consumatore finale ma anche di produzione, per chi lo realizza.
Inoltre, grazie a un’attenzione particolare per tutti i tipi di vulnerabilità, dal 2014 abbiamo attivato un laboratorio sartoriale nella sezione femminile del carcere di Montorio (VR) mentre da metà 2018 stiamo pilotando un laboratorio sartoriale nella sezione maschile dello stesso carcere, per 16 nuove assunzioni nel 2019, con un tasso di ritenzione del 75%. Infine, anche i materiali scelti sono in linea con i valori della sostenibilità.
Come scegliete i tessuti da utilizzare per le vostre produzioni?
I tessuti che utilizziamo sono frutto di una selezione di materiali di grande pregio, che non sarebbero stati utilizzati da altre aziende. Recuperiamo i rotoli che vanno dai 10 ai 50 metri di rimanenze o di fine produzione di oltre 24 fornitori di tessuto, ma anche le stoffe considerate difettose dal circuito tradizionale della moda. Dal 2013 ad oggi Quid è riuscito a recuperare più di 800km di tessuto.
Il nostro approccio porta ad una inversione del modello di business: se normalmente le case di moda iniziano a progettare il modello per poi acquistare il tessuto, noi partiamo da quest’ultimo e in base alla nostra disponibilità creiamo i capi, per valorizzarlo al meglio. Grazie al formato della capsule collection, ovvero collezioni in edizioni limitate, in ogni stagione riusciamo a declinare la nostra linea in base ai tessuti che riusciamo a recuperare.
In questo modo Quid è in grado di prolungare il ciclo vitale dei tessuti e di accorciare la carbon footprint di decine di migliaia di metri di tessuto ogni anno, per un totale di 150km nel solo 2019.
I capi di Progetto Quid costano troppo?
Il prezzo dei nostri prodotti è allineato con quello del made in Italy e corrisponde al 20-30% in più rispetto a quelli del fast fashion tradizionale, con la differenza che le nostre collezioni hanno una storia da raccontare. Sono abiti realizzati a mano a Verona e danno un’opportunità professionale concreta a persone con un passato di fragilità. Inoltre i tessuti impiegati verrebbero altrimenti smaltiti in altro modo, svenduti in outlet all’estero o buttati direttamente.
Quali sono le domande che dovremmo porci quando acquistiamo un nuovo indumento?
Fondamentale crearsi un pensiero critico informandosi, ad esempio leggendo i Report di Fondazione Ellen MacArthur o attraverso documentari come The true Cost. Queste fonti aiutando a capire che se il costo della moda è troppo basso e quindi non viene pagato in modo adeguato nel prezzo finale del prodotto, significa che quello scarto sarà gravato su qualcun’altro lungo la filiera, in qualche parte del mondo.
Qual è il futuro della moda?
Speriamo che il periodo di lockdown possa portare anche gli attori del mondo della moda a porsi delle domande sulle direzioni da prendere in un domani per il nostro settore. Ci auguriamo che il futuro della moda possa essere più sostenibile da un punto di vista umano e ambientale cercando di ripensare a meno collezioni, con una concezione più lenta, a prezzi più equi rispetto a quelli proposti dal mercato del fast fashion ora. Dobbiamo valorizzare il prodotto disegnato perchè possa essere apprezzato e utilizzato, non solo comprato e dopo poco gettato.
Quid in latino significa “qualcosa in più”. E quel qualcosa, Progetto Quid lo ha creato davvero. Ci auguriamo che questa storia possa ispirare i nostri lettori, mostrando che un modello alternativo a ciò a cui siamo abituati oggi esiste ed è possibile.