A chi non è capitato almeno una volta di trovare oggetti di plastica durante una passeggiata nei boschi o in riva al mare? Ormai il problema è sotto gli occhi di tutti, e anche i media iniziano a parlarne sempre di più. Vista l’emergenza, viene da chiedersi se sia davvero possibile vivere senza plastica e quali azioni intraprendere in tal senso, come singoli e come collettività.
In questo libro, Will McCallum, responsabile per la tutela degli oceani di Greenpeace UK, fornisce un quadro aggiornato, completo di dati e statistiche, per quanti vorrebbero farsi un’idea della vastità del fenomeno. Inoltre, suggerisce alcune azioni concrete per cambiare le proprie abitudini, eliminando il più possibile la plastica dalla propria quotidianità.
È bene però puntualizzare, come sottolinea lo stesso autore nell’introduzione, che la plastica di per sé non è il Male. Anzi, in molti casi è imprescindibile, per esempio in ambito medico. Il problema, semmai, è rappresentato dalla plastica usa e getta, che viene utilizzata una sola volta prima di essere buttata, e che spesso impiega secoli prima di decomporsi.
A tal proposito…
Sapevi che occorrono 450 anni perché una bottiglia di plastica si decomponga nell’oceano?
E che il 90% degli uccelli marini ha della plastica nello stomaco?
E ancora, sapevi che ogni minuto finisce nei mari una quantità di plastica pari a 1 camion della spazzatura?
Il fatto è, come scrive McCallum, che la produzione di plastica è aumentata in modo vertiginoso, tanto che nel 2015 ha superato i 320 milioni di tonnellate. Cifra destinata a raddoppiare nei prossimi vent’anni, se non facciamo subito qualcosa. Sì, ma cosa?
Evidentemente, RICICLARE non può essere una soluzione; solo il 14% della plastica prodotta viene infatti raccolto per essere recuperato, e di questo soltanto il 5% viene effettivamente riciclato.
La plastica usa e getta (per es. sacchetti, cannucce, bicchieri, imballaggi vari) è quella che più di tutte minaccia i nostri mari, ma è anche quella sulla quale possiamo avere un impatto notevole, tramite le nostre scelte quotidiane.
Dopo aver analizzato le politiche a livello globale volte a ridurre la produzione di plastica monouso, McCallum passa dunque in rassegna le azioni concrete che possiamo attuare nella nostra quotidianità per vivere senza plastica.
Questa sezione, davvero approfondita, può essere utile sia a chi muove i primi passi, sia a chi ha intrapreso questo percorso già da un po’.
Tra i vari capitoli, uno è dedicato in particolare alle microfibre, una delle forme forse meno note di inquinamento da plastica.
I nostri capi di abbigliamento infatti, sono una delle cause principali della presenza di plastica nei mari. Per essere più precisi, un rapporto pubblicato nel 2017 dalla International Union for Conservation of Nature, ha stimato che tra il 15% e il 31% dell’inquinamento da plastica mondiale proviene dalle microplastiche.
Il suggerimento è ridurre innanzitutto i consumi, evitando di fomentare la fast fashion, indirizzando i nostri acquisti verso l’usato e limitando i capi sintetici. Non solo, per questo come per altri piccoli grandi cambiamenti, il consiglio di McCallum è farsi sentire (con il responsabile del negozio, con gli addetti al servizio clienti, sui social media etc). A questo proposito, un intero capitolo è dedicato all’invito all’azione.
Punti chiave di questa terza e ultima sezione del libro sono:
i trucchi per scrivere una buona lettera,
come organizzare un incontro con l’interlocutore
saper usare i media
i passi per presentare una petizione
cosa fare per organizzare una protesta
Il messaggio di McCallum è realistico, ma nello stesso tempo è di fiducia nelle azioni di un singolo individuo o un gruppo ristretto di persone che decide che è arrivato il momento di agire: dopotutto, l’oceano non è altro che l’insieme di innumerevoli gocce d’acqua.
Speriamo davvero che libri come questo possano contribuire a una riflessione più profonda sull’impatto che tutti noi, con le nostre scelte, abbiamo su questo Pianeta!
CURIOSITA’: l’editore (Harper Collins) ha deciso di non plastificare la copertina del libro, per garantire un uso minimo di plastica; tuttavia, malgrado gli sforzi, non è stata trovata una colla priva di plastica abbastanza resistente da evitare che il libro si sfaldasse, a dimostrazione di quanto, purtroppo, la nostra società dipenda ancora dalla plastica.
Chissà come si rilegavano i libri prima dell’invenzione della plastica.
Con il filo!
Appunto.
http://www.treccani.it/vocabolario/rilegare1/
con il cartone e noi li rilegavamo con carta usata per pacchi regalo e ne avevamo la massima cura
Prima della plastica, i libri si cucivano. In realtà lo si fa ancora…
Libro molto utile, l’ho letto anche io e da lì è nato un vademecum che ho pubblicato qua, se può interessare: https://manuelaortis.wordpress.com/plastic-free/