Zero Waste

Vivere zero waste. Perché evitare i rifiuti?

Zero waste è un modo di pensare (e agire)

ALL YOU NEED IS LESS zero waste italia

Una filosofia di vita, amica dell’ambiente, basata sull’idea che il miglior modo per vivere in modo ecosostenibile sia ridurre al minimo il proprio impatto sulla Terra. Come?

Limitando la quantità di spazzatura prodotta e riutilizzando i propri rifiuti come materie prime seconde. In tal modo questi ultimi non diventano inutili scarti ma si trasformano in risorse.

È una forma silenziosa di ribellione contro il consumismo. Ci piace usare il termine silenziosa – anche se forse dovremmo dire proattiva o propositiva – perché più che sulla lamentela si basa sul rifiuto. In primo luogo il rifiuto degli oggetti che hanno vita breve e quindi: riduzione dell’utilizzo di cose usa e getta. Bicchieri e piatti di plasticarta non sono previsti nella vita di uno zero waster e nella sua casa troverete perlopiù oggetti fatti per durare. Oggetti sostenibili che non tendono a consumarsi o rompersi dopo pochi utilizzi. L’obiettivo ultimo è azzerare gradualmente il ricorso a inceneritori e discariche.

Questo pensiero coinvolge ogni sfera della vita. Dal gesto semplice di fare la spesa sfusa (evitando packaging e borse di plastica), alla scelta dei cosmetici ecosostenibili che una volta dispersi nello scarico e nei mari non nuocciano alla salute dell’ecosistema marino che, se sopravvive, poi finisce sulle nostre tavole (prodotti semplici come scrub e maschere possono essere realizzati in casa con ingredienti naturali, evitando al contempo confezioni non riciclabili e inquinanti).

Lo zero waste segue la medesima logica del principio di gerarchia dei rifiuti dell’Unione Europea. Se un prodotto non può essere riutilizzato, riparato, ricostruito, rinnovato, rifinito, rivenduto, riciclato o compostato, allora deve essere ridotto, ridisegnato o rimosso dalla produzione.

gerarchia zero waste

Un concetto estremo?

Può sembrare estremo, utopico, irraggiungibile.

Gli zero waster stessi possono sembrare persone pesanti, fissate che si privano delle cose belle della vita come lo shopping e la frutta confezionata già sbucciata e tagliata! Non bisogna però fermarsi all’apparenza. Certo vivere completamente senza produrre rifiuti è davvero difficile e può diventare stressante se si abita in un luogo dove le alternative ecologiche sono poche ma ridurre (anche di molto) è fattibile per tutti, basta volerlo.

Ognuno è libero di fare quello che vuole (e può) fare. Tutto ciò con la consapevolezza che ogni nostra azione, sia in positivo che in negativo, ha un impatto sull’ambiente, sulle altre persone e su quelle che verranno. Per questo a volte sapere che anche gesti piccoli possono avere una grande influenza se uniti ad altre buone pratiche può aiutare a trovare la giusta motivazione per intraprendere un percorso del genere.

Ma perché gli zero waster odiano tanto la plastica?

La domanda che tutti si pongono! ‹Ma che sarà mai tutto questo terrorismo nei confronti della plastica! Tanto si ricicla».

Ehm. Sì, in parte. Questa affermazione non è del tutto vera dal momento che solo una mera percentuale della plastica può essere riciclata. Questo fa sì che la raccolta differenziata non risolva del tutto la questione poiché non costituisce una soluzione definitiva al problema.

Siamo nel bel mezzo di quella che alcuni definiscono the Plastic Age (l’era della plastica). Ogni anno vengono prodotti 300 milioni di tonnellate di plastica[2] con conseguenze drammatiche per fiumi, mari e anche per l’oceano. Le falde acquifere da cui traiamo vita abbondano di microparticelle, frammenti e filamenti plastici che, per quanto piccoli, rimangono plastica. Plastica che viene ingerita da pesci e uccelli i quali scambiano le microplastiche che affiorano sulla superficie dell’acqua per cibo. E non credo serva ricordarlo, la plastica non è biodegradabile: è praticamente indistruttibile.

plastic paradise movie

Plastic Paradise è un documentario inglese che consigliamo di vedere per farsi un’idea dei livelli di inquinamento nell’oceano causati dalla plastica.

Studi scientifici[3] hanno poi dimostrato gli effetti negativi della plastica e del suo smaltimento e dispersione nell’ambiente sulla salute dell’uomo. Sostanze come il Bisfenolo A e gli Ftalati rilasciati dalla plastica (che ricopre gli alimenti che mangiamo e l’acqua che beviamo quotidianamente) e lo spreco di energia impiegata per produrre questo materiale dovrebbero essere motivazioni già sufficiente per spingerci a dire basta alla plastica.

Cosa possiamo fare?

Veniamo alle cose concrete. Come al solito si ritorna al punto focale: le scelte.

Sta tutto nelle nostre decisioni che possono essere più o meno sostenibili, consapevoli, salutari (e potrei continuare). Non è necessario cambiare radicalmente le proprie abitudini. Come non è pensabile credere di poter eliminare la plastica dall’oggi al domani, pena il sentimento di frustrazione e inadeguatezza perché – se non ci hai ancora fatto caso – la plastica è ovunque! Anche in alcune creme per il corpo(la paraffina è un derivato del petrolio da cui a sua volta deriva la plastica) e nell’acqua che beviamo (sotto forma di fibre invisibili).

Quello che però possiamo fare sin da subito è: 1. Iniziare a guardarci intorno in modo critico, è davvero necessario tutto quello che possiediamo? 2. Cominciamo dalle cose più semplici, bastano pochi accorgimenti come:

  • procurarsi una borraccia anziché comprare le bottigliette d’acqua;
  • fare la spesa al mercato e portare con sé i propri contenitori/buste per i prodotti sfusi;
  • usare mezzi ecologici (specie per i tratti brevi);
  • alcuni prodotti per le pulizie possono essere realizzati in casa. Evviva le biopulizie!
  • comprare locale e preferire prodotti artigianali e durevoli piuttosto che quelli delle grandi catene (creati per autodistruggersi ed essere ricomprati dopo poco tempo);
  • solo per donne: usare la coppetta mestruale e/o gli assorbenti lavabili oppure struccarsi con panni in tessuto piuttosto che dischetti usa e getta;
  • pensare prima di acquistare ed evitare gli acquisti d’impulso: la shopping terapia fa stare bene sul momento ma porta all’accumulo di cose inutili. Comprare meno e meglio può regalare grandi soddisfazioni.

Questi sono solo alcuni spunti ma sono già un inizio. Nessuno è perfetto ma tutti possono migliorare se stessi (e fare del bene anche al pianeta!).

rifiuti zero waste

Vivere zero waste. Missione impossibile?

Molte fra le autrici di questo blog hanno iniziato ad interessarsi a questo argomento solo da pochi mesi. Da subito però la maggior parte di noi si sono rese conto che tante pratiche cosiddette a spreco zero facevano già parte della nostra routine. Questo ci ha rincuorate e stimolate a riflettere su che altro potessimo fare. Se alcuni gesti riescono spontanei sicuramente ce ne sono tanti altri che con poco sforzo possono aiutarci a raggiungere l’obiettivo riduzione rifiuti.

E così è stato. E sapete che ho capito? Che ci sono un milione di cose che possiamo mettere in pratica senza sconvolgimenti traumatici o sacrifici epocali. E il bello è che questi piccoli accorgimenti – considerati dalla maggioranza dei sacrifici – possono addirittura farci stare bene!

La prima cosa per non sentirsi sopraffatti da tutte le cose che ci si rende conto di aver sprecato, ignorato, comprato inutilmente sinora, è quella di vedere nel proprio piccolo e nell’immediato cosa potremmo fare (o evitare di fare) senza troppa fatica. Una lista in questo caso può aiutare, stilare un elenco da aggiornare con calma, senza l’ansia di “dover riuscire subito” e partendo dalle cose forse più banali è già un ottimo inizio.

Ci sono ancora tante, tantissime cose che su cui riflettere ma procedere a piccoli passi è una buona strategia, per non sentirsi demotivati in partenza.

Perché una Rete zero waste?

Il motivo per cui abbiamo deciso di aprire questo blog nasce dall’esigenza di creare uno spazio per confrontarsi e informare, dare vita ad una comunità e creare una rete di persone. Da qui appunto il nome del blog.

L’idea nasce un po’ per caso: lo scorso giugno ci siamo trovate su Instagram (potete seguirci con l’hastag #retezerowaste). Eravamo una decina e, in modo spontaneo, abbiamo iniziato a scambiarci consigli e condividere esperienze e abitudini. Quando la chat ha iniziato ad andarci stretta ci siamo trasferite su Whatsapp e da allora siamo cresciute fino a raggiungere oltre 50 membri. Siamo tutte donne, di ogni età e di diversa provenienza, sparse un po’ su tutta la Penisola e oltre.

Da allora il gruppo non è rimasto in silenzio nemmeno un giorno e ha dato vita a momenti di pura comprensione, crescita personale e confessioni inconfessabili (mi riferisco ai discorsi su coppetta, reggiseno/non reggiseno, anticoncezionali di fortuna alla Bea Johnson). Finché, ad un certo punto, ci siamo rese conto che anche quella chat non bastava più, che c’era del potenziale e che l’interesse a queste tematiche è alto. Ci siamo accorte che non eravamo sole e che la comunità nata spontaneamente magari avrebbe potuto essere utile anche ad altri. Da qui l’idea di un progetto condiviso, una piattaforma collettiva e pubblica per rendere partecipe chiunque lo voglia.

Le ragazze di questo gruppo sono vulcaniche, esplosive, creative, propositive e con una spiccata propensione alla verifica scientifica. Sono queste le caratteristiche che definiscono la linea che vogliamo imprimere al blog: non solo post teorici supportati da fonti scientifiche ma anche le nostre esperienze, articoli pratici in cui parliamo delle nostre reali sfide quotidiane, dei dubbi che ci assalgono, delle nuove scoperte che ci fanno sorridere. L’obiettivo è guidare chi si è appena affacciato sul meraviglioso mondo del non-spreco, accompagnare chi già procede spedito sul suo cammino, ispirare e fornire nuovi stimoli a chi si imbatterà in noi.

Ultima nota vorrei dedicarla al nostro logo. Un barattolino di vetro che rappresenta il movimento zero waste in diversi modi. È “l’arma” che si utilizza per gli acquisti sfusi, il simbolo della riduzione dei rifiuti quando ci si rende conto di poter conservare i propri scarti residui in un vasetto minuscolo. Non è plastica ma vetro riciclabile e metallo. È bello. Ma soprattutto, è un contenitore: esattamente come questo blog che riunisce idee, vite, esperienze e persone lontane (fisicamente) ma vicine (mentalmente).

Qui il link al sito ufficiale della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti e le azioni a cui partecipiamo:

Le nostre azioni per SERR 2017 a Mercadante

Le nostre azioni per SERR 2017 a SanVitale


[1] Orb

[2] Science

[3] Science

5 thoughts on “Vivere zero waste. Perché evitare i rifiuti?”

  1. Non si deve buttare niente che non possa essere utilizzato piu’ volte o in modo diverso e alternativo dalla stessa persona oppure da altri che ne potrebbero far Buon uso giovandosene….questi i principi dei nostri nonni..che ad oggi…devono ancora piu’ che mai tornare di moda. Saluti cristiana

    1. Son d’accordissimo con te, Cristiana! La saggezza dei nostri nonni è un valore da ritrovare, e spesso è una guida per me. Quando non riesco a trovare una soluzione ad un problema di spreco, o un’alternativa sostenibile a qualcosa, la domanda “ma come facevano i miei nonni??” spesso mi indica la soluzione!
      Un saluto,
      Delia

  2. Ciao, complimenti per l’articolo e l’iniziativa, sono molto felice di sapere che dopo tanti anni sia nata una comunità di zero waster, cosa che sognavo sin dal 2007! Ora non mi sento più sola, per fortuna! 🙂
    Solo una precisazione… Cosa intendi quando dici “la paraffina è un derivato del petrolio a sua volta derivato della plastica”? Il petrolio è all’origine di tutto, anche della plastica, purtroppo, e nei cosmetici convenzionali ce n’è un po’ ovunque, non solo nella paraffina… :-/
    Bene, che dire, in bocca al lupo! Vi seguo! 😉
    Danda

    1. Ciao Danda, grazie per queste parole e per la domanda. Ciò che intendevo dire è esattamente quello che ha scritto tu e spalmandosi una crema a base di paraffina è come stendere una guaina sulla pelle (passami la semplificazione). La stessa materia che usiamo sul corpo è quella che da origine alla plastica, forse avrei dovuto scrivere “da cui a sua volta deriva la plastica”. Ora correggo, grazie mille! 🙂

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